17 marzo 2019

Un venerdì da leoni | l'editoriale della domenica

Essì. Vedere tutti quei giovani alla manifestazione di ieri per l’ambiente ci ha fatto ritornare alla mente i vecchi tempi. Quelli che non ritornano più se non nei nostri ricordi. Non siamo infatti cosi nostalgici da volerli richiamare all’oggi, e col ditino alzato predicare quanto fossero migliori, quei tempi. Neanche per sogno! Solo vogliamo riproporre qui la gioia che abbiamo provato vedendoli, quei giovani!
I ricordi di chi come noi è passato attraverso le esperienze delle manifestazioni. C’era un clima tutto da vivere, una tensione da respirare quando nelle sere precedenti si tirava tardi ad attaccare manifesti e a discutere senza fine. E, quando c’era, la luna, quella che si esibiva in esclusiva per noi, noi tutti che eravamo in giro, anche se negli ultimi anni gli unici rimasti ad “attacchinare” eravamo noi e la Lega Nord. Certo non è più come ai vecchi tempi, ma niente è più come ai vecchi tempi e noi siamo tornati ad essere dei buoni borghesi, come si sarebbero aspettati i nostri genitori. Serbiamo però ancora intatta l’esuberanza che ci animava quando occupavamo scuole o università e l’animosità dei cortei. Siamo figli di illusioni vere e concrete e proprio non ci stiamo a cacciar via tutto questo nell’oblio dei luoghi comuni e nell’esilio dei pensieri scomodi, dove ama metterli quel tale. E tutto questo lo abbiamo letto negli occhi di quei ragazzi che hanno sfilato con giovanile determinazione e gioviale intemperanza per le strade di Milano e del mondo.
L’esplosione della protesta giovanile trova conferme storiche alla legge sociologica del conflitto delle generazioni: i giovani, rifiutando il principio della delega del potere, scendono in strada per liberare se stessi prima di tutto dalle grinfie degli adulti. È questo il senso di questa protesta spontanea. Questo movimento di giovani nasce dalla consapevolezza che le profonde contraddizioni scatenate dalle trasformazioni delle società industriali avanzate siano oramai insanabili e che le loro ripercussioni investano pressoché ogni area del mondo.
Due dati infine. A Milano e Torino si muore per smog più che altrove. Sono infatti le prime due aree urbane al mondo per numero di morti premature ogni 100mila abitanti, morti che sarebbero attribuibili all’inquinamento atmosferico causato dai trasporti. Per intenderci: 930 le morti premature per inquinamento attribuibili ai trasporti – su un totale di 2400 decessi per inquinamento – mentre a Torino sono state 240 le morti per smog su un totale di 630 morti per inquinamento. L’Italia più in generale si posiziona al nono posto con 7800 morti in dodici mesi.
E noi che facciamo ? Siamo convinti che a Nerviano la mobilità possa essere garantita prescindendo dall’uso dell’automobile. Andare a piedi camminando sicuri, su marciapiedi finalmente legalizzati con misure corrette e privi di ogni impedimento per anziani e disabili e disegnando infine una vera rete di piste ciclabili non solo per il tempo libero ma che colleghi utilmente i diversi punti del paese.

p. s.
Ricordiamo Fabrizio che in quelle sere con rara perizia arrotolava ad arte i manifesti, Guglielmo che li attaccava con geometrica sapienza e Dino che ce la raccontava. Lewis Feuer per gli studi sui movimenti di protesta giovanili. Quel tale è Erri De Luca. I dati sulle morti per smog sono tratti da un articolo comparso su La Stampa del 9 marzo scorso