28 aprile 2019

Il fascismo di ritorno | L'editoriale della domenica


Dicono che il potere logori. Ma c’è da credere che il potere logori soltanto coloro che non ce l’hanno, come diceva quel tale. Alla Lega il potere fa evidentemente bene. Del resto, pare che faccia bene a tutti. Basti considerare la longevità dei dittatori. A più di settant’anni dalla caduta del fascismo vediamo riemergere i neo-fascisti come una forza politica che conta. Una realtà che di per sé dovrebbe costringere tutti i democratici a un esame di coscienza di severità estrema – è un fatto di rilievo politico eccezionale. Bisogna guardare in faccia la situazione per quella che è. La si lasci impaludare anche per poco, e dalla crisi del governo si passerà d’un salto alla crisi di regime. Ecco allora riaffiorare vecchi e nuovi disegni di restaurazione che hanno trovato varia fortuna in passato e qualche volta pittoresca espressione più di recente. Il pugno duro coi migranti, la nuova legge sulla legittima difesa e le richieste di reintrodurre la pena di morte sono solo alcuni esempi. Una certezza sembra tuttavia acquisita: la destra ha trovato nella Lega un punto di convergenza, enfatizzando la retorica della violenza alleata al perbenismo di una maggioranza urlante e non più silenziosa e unita a quel tanto di ambiguità che costituisce l’essenza stessa del fascismo e sul quale questo ha da sempre fondato le sue fortune.
Non solo i fascisti dunque, ma tutti i partiti che si muovono e si agitano nella destra italiana, fanno perno su alcuni punti la cui portata, se svolti con coerenza e spregiudicatezza, è notevole e può ottenere un riverbero non indifferente in molti strati della popolazione italiana. Primo fra tutti la difesa a oltranza della famiglia, rispolverando vecchi slogan che ci era capitato di sentire l’ultima volta nel 1974 durante la campagna referendaria per l’abrogazione della Legge sul divorzio. Pensavamo e speravamo proprio di non sentirli più. Senza fare alcuno sforzo di memoria viene in mente il famoso trinomio fascista “Dio, Patria, Famiglia”, tendente ad assicurarsi il favore dell’alta gerarchia ecclesiastica e di quei cattolici cosiddetti tradizionalisti. Segue la difesa dell’ordine, nonostante la ostentata frequentazione di quel tale di capi di formazioni paramilitari e di picchiatori di professione. Questa, unita a una sempre più auspicata e conclamata ricostruzione dell’autorità dello Stato che tende a convogliare la simpatia dei funzionari statali, della polizia e in generale delle forze dell’ordine, pompieri compresi.
Noi democratici ci consoliamo facendo le marce dell’antifascismo, che ci fanno venire in mente le processioni medievali contro il colera. 
<< Un uomo che è stato rilasciato da un campo di concentramento domanda alla signora Jordan, donna sensibile e intelligente: “ Ma voi, dove avete vissuto? ” >>.

p. s.
La frase alla fine del testo è tratta da “Terreno minato” di Heinrich Boll.



14 aprile 2019

Allosanfan! | L'editoriale della domenica


Agli storici della domenica dedichiamo oggi la nostra curiosità. Apprezziamo il loro proposito di provare a tentare una ricostruzione della storia d’Italia giornalistica nello stile e nella ricerca forsennata di scoop e reinvenzione fantastica di un passato reale. Cosa possiamo dire noi che non ci spacciamo per storici. Abbiamo letto un po’ Croce e abbiamo in casa l’intera Storia d’Italia dell’Einaudi, ma questo non ci accredita a dire alcunché. Però vogliamo provarci e ci azzardiamo a ricordare il celebre giudizio gramsciano sul mezzogiorno “grande disgregazione sociale”. E forse possiamo estendere oggi tale giudizio all’intera nazione, al carattere scarsamente omogeneo della società e al carattere scarsamente integrato delle sue singole parti. Accanto alla divisione più macroscopica, quella fra Nord e Sud, ce ne sono altre: c’è una Italia democratica e popolare e ce n’è una sovranista e popolana, c’è una Italia cattolica e ce n’è una bigotta, c’è una Italia capitalista e ce n’è una arraffona. E non c’è una classe egemone. Una società priva di classe egemone o con una classe egemone debole è caratterizzata dalla disgregazione. All’origine di questa disgregazione, sta il fatto che in Italia è sempre mancato un vero e proprio partito conservatore, è mancato, cioè, il partito di coloro che avrebbero dovuto essere i naturali depositari dell’egemonia. E l’assenza di un saldo partito conservatore ha portato, come conseguenza, l’assenza di una salda sinistra e l’incapacità, comune ai conservatori e ai gruppi della sinistra, di esprimere governi solidi e autorevoli. È successo negli altri paesi, in Francia, in Inghilterra e in Germania. Non in Italia.
Ma come, direte voi: e Forza Italia di Berlusconi? E la Lega di Salvini? Non scherziamo. “Siamo seri” come ricordava quel tale domenica scorsa. Oddio, non è che nel PD siamo messi meglio, dopo la stagione “onirica” di Renzi. Tant’è!
Del separatismo di cui avevamo promesso di parlare non v’è fin qui traccia. Proviamo a dire qualcosa. Il ministro sig. Matteo Salvini è andato nelle settimane scorse a incontrare i contadini sardi che manifestavano per il prezzo bassissimo che veniva pagato per il loro latte che finisce interamente nella produzione del non certo economico pecorino romano. Solite parole di circostanza e solito piglio barricadero da capopopolo più di lotta che di governo. Noi ci siamo un po’ documentati e siamo venuti a conoscenza della sciagurata “politica del formaggio” svolta dai proprietari nella seconda metà dell’800 che ha ridotto la Sardegna quasi a una monocultura distruggendone le altre potenzialità agricole. In un quadro di questo genere il banditismo e più in generale il separatismo rappresentava un tentativo di reazione, un prolungamento della vita e delle difficoltà di tutti i giorni. Come un adattamento violento alla violenza e all’opportunismo dei proprietari e delle istituzioni: quando il mondo esterno arriva solo con la bandiera dello sfruttamento, la realtà che trova spesso gli si rivolta contro. In Italia è successo e ancora succede. Quelle immagini che abbiamo visto tutti del latte versato in strada resteranno un momento irrisolto dell’unità nazionale, una parte di un lavoro più generale che non è mai stato seriamente cominciato. Capito sig. ministro Matteo Salvini? Non basta indossare una felpa!

p. s.
Il titolo lo abbiamo rubato a un bel film dei fratelli Taviani del 1974 che consigliamo vivamente ai nostri storici domenicali. I ringraziamenti a: B. Croce, Storia d’Italia dal 1870 al 1915; M. Bragaglia, Sardegna perché banditi; G. Procacci, Storia degli italiani; R. Villari, Il sud nella storia d’Italia; B. Caizzi, Antologia della questione meridionale.
Abbiamo messo per intero testi e autori. Hai visto mai …



13 aprile 2019

La Lega a Nerviano in tema di sicurezza è vittima della sua demagogia


A Nerviano nel giro di poco tempo sono state bruciate diverse macchine in quartieri differenti del paese.
Alcuni mesi fa in pieno centro si è verificato un caso di accoltellamento e nel frattempo i furti, tentati o commessi, non sono affatto diminuiti come promesso dall’attuale amministrazione.
Tutto questo succede in una cittadina amministrata dalla Lega che ha sempre strumentalizzato a suo favore i reati che venivano commessi negli anni passati per fomentare la rabbia e speculare elettoralmente sulla necessità di ottenere una maggiore sicurezza per i propri cittadini.
Non osiamo immaginare quale sarebbe stata la reazione del Sindaco se questi episodi si fossero verificati negli anni nei quali la Lega era all’opposizione.
A differenza di quanto avveniva in passato noi siamo consapevoli che questi avvenimenti non possono essere oggetto di propaganda politica e non sono imputabili alle singole amministrazioni, ma devono necessariamente essere governati da chi è preposto a garantire la sicurezza e l’incolumità dei cittadini. I Sindaci non sono Sceriffi e non possono sostituirsi alle forze dell’ordine.
Se pensiamo a quanto accadde a Nerviano e alle polemiche pretestuose della Lega negli anni passati
possiamo senz’altro affermare che l’attuale amministrazione è vittima della sua stessa demagogia.
Con la passata amministrazione sono state adottate delle decisioni che hanno dato dei vantaggi in termini di sicurezza per la comunità di Nerviano, come per esempio la realizzazione e l’insediamento della Caserma dei Carabinieri e il Controllo del vicinato reso operativo grazie alla collaborazione degli stessi cittadini.
L’attuale Giunta con il Sindaco in testa ebbe il temerario coraggio di contestare la realizzazione della
Caserma ed ebbe una tiepida reazione per il controllo del vicinato.
A Nerviano oggi bruciano le auto, si accoltellano per strada, rubano nelle case e nei cimiteri, a
dimostrazione che l’attuale amministrazione oggi come in passato, in tema di sicurezza fa solo propaganda e demagogia.
E non serve a molto.

10 aprile 2019

Il nuovo "duce" Mussolvini

Certo è che i fondatori della Lega nord non avrebbero mai immaginato che un partito di fede secessionista si potesse ritrovare alla fine un partito nazionalista, sovranista e di estrema destra; a volte la sete di potere cambia ideologie e priorità.
Le ex camicie verdi che simboleggiavano il verde della Padania, stanno col tempo diventando nere, più scure della notte più buia, riportandoci a tristi e nefasti ricordi del passato. Da quando il nuovo "duce" Mussolvini ha di fatto preso il comando del paese, i nostalgici fascisti di casa pound e forza nuova hanno rialzato la cresta. Si sentono protetti ed autorizzati a compiere scorribande sempre più violente, con cattiveria esponenziale. I loro obbiettivi sono i soliti, profanazione di simboli religiosi ebraici, atti di inciviltà razzista contro rom, gay ed extracomunitari. Tutto come allora, un film già visto con un finale tragico per l’Italia e per noi italiani.
Purtroppo gli alleati di governo di questa Lega non hanno opposto resistenza, anzi per il loro attaccamento alle poltrone che contano si sono resi zerbino della sede di Via Bellerio. In questo periodo storico dove la paura è diventato il sentimento più presente, le nostre certezze vanno a dissolversi, lasciando spazio all’idea che qualcuno ci debba indicare la strada giusta.
Non siamo pecoroni che seguono il gregge, ma esseri umani con tanto di cuore e di un cervello che bisogna saper far funzionare, creando presupposti per un mondo migliore. Dobbiamo agire e pretendere un futuro pieno di emozioni e opportunità positive, non possiamo fermarci e piangerci addosso.
Quando si arriva ad un bivio bisogna percorrere la strada giusta, vogliamo ritornare al passato regime o rimanere a vivere in una nazione libera e democratica?

Viva l’Italia antifascista!




Assemblea del Circolo PD a Nerviano con i parlamentari Lisa Noja e Franco Mirabelli


Un incontro politico interessante e molto partecipato nell’assemblea che si è svolta domenica 7 aprile presso il Circolo del Partito Democratico a Nerviano con l’esponente alla Camera dei Deputati Lisa Noja e il Senatore Franco Mirabelli.
A moderare l’incontro il Segretario dei Dem di Nerviano Gennaro Elmo.
Un dibattito vivace su argomenti attuali come il rinnovamento del partito dopo il risultato delle primarie; la situazione politica in Italia caratterizzata dalla recessione tecnica e una crisi preoccupante di valori come la solidarietà umana; la prospettiva delle prossime elezioni Europee con l’avanzata di forze xenofobe e sovraniste.






07 aprile 2019

I don Camillo della rivoluzione | L'editoriale della domenica


Il carattere angustamente personalizzato della lotta politica in Italia, questa sovrana mediocrità istituzionalizzata e questo tono che oscilla fra la bettola e la sagrestia, un mondo equamente diviso fra Peppone e don Camillo, irriducibili nemici con la tentazione dell’abbraccio, non ci sembrano una novità. Così come non ci stupisce il letargo provinciale del dibattito storico italiano eternamente e golosamente a rimorchio di presunte novità di questo o quello tra i sempre più numerosi sedicenti storici. Solo ci costringe a cercar conforto guardando con serietà, com’è d’uso, indietro. Un documento che conserviamo con cura ci racconta che i 1000 di Garibaldi in realtà erano 1090, la lista delle persone fornita dal Ministero della Guerra fu pubblicata nel 1864, dal Giornale Militare come risultato di un'inchiesta istituita dal Comitato di Stato. Per la maggior parte i volontari erano Lombardi (434), Veneti (194), Liguri (156), Toscani (78), Siciliani palermitani (45), Stranieri (35). Pochissimi i piemontesi, poco più di una decina. Solo 26 erano siciliani di altre città dell'Isola. La composizione sociale: 500 tra artigiani e commercianti, 150 avvocati, 100 medici, 20 farmacisti, 50 ingegneri e 60 possidenti. E una sola donna. Di popolino o contadini non ce n’era. La composizione politica era una sola, quella di sinistra, mentre quella sociale, quasi la metà erano professionisti e intellettuali, l'altra metà artigiani, affaristi, commercianti e qualche operaio.
L’omologazione globale tende ad attenuare ogni percezione di appartenenza e di identità, e noi siamo d’accordo, a patto che non porti a uno straniamento sociale irrispettoso di ogni valore e di ogni regola. Il territorio è un elemento irrinunciabile sul quale si svolge la storia, si consumano le esperienze dei singoli e si realizzano impegno e solidarietà civile. E’ questo un presupposto necessario per arrivare a riconoscersi in una patria comune. Da lungo tempo ci siamo assegnati un compito che non è risultato facile e lo sforzo messo in campo in anni recenti ha realizzato un impegno autentico che vuole testimoniare sincera solidarietà nazionale. Fondamentale in un momento in cui si alimentano derive autonomistiche al nord e velleità separatistiche al sud. Evidentemente non è fin qui bastata una comune esperienza unitaria, vissuta nell’arco di questo secolo e mezzo di storia, a sanare le ferite e le zone grigie del processo unitario. Ma noi ci auguriamo che con strategie e politiche adeguate si ponga mano ad una definitiva soluzione, seguendo l’imperativo di una rivalutazione della comune identità nazionale, pur nella ricca e preziosa varietà delle caratteristiche locali. Quel tale diceva che “il suo mestiere è tenere unita l’Italia”, e noi che abbiamo avuto il privilegio di frequentarlo in gioventù, siamo con lui.
 <<Io nacqui Veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morirò per la grazia di Dio Italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo>>. È l’incipit de Le confessioni d’un italiano ed è Ippolito Nievo che parla e noi non intendiamo aggiungere altro.
I nostri 7 lettori avranno capito che stiamo parlando del Risorgimento. Meglio, non ne stiamo parlando. E non ne vogliamo parlare, noi che non siamo storici. Siamo seri! Diceva quel tale. Altri oggi nel pomeriggio si produrrà in chissà quali mirabolanti analisi, e sarà in buona compagnia. A lui e ai suoi sodali rivolgiamo la nostra solita raccomandazione. Foutez-nous la paix, chiens!

p. s.
Il tale che aveva per mestiere tenere unita l’Italia è Giorgio Napolitano. L’altro che invitava a essere seri è Totò.
Noi che non siamo storici ma qualche conoscenza la possiamo rinverdire, promettiamo di tornare settimana prossima sul tema dei movimenti separatisti. Quasi tutti del sud a quanto ci risulta e solo di recente approdati al nord.



06 aprile 2019

L'affondamento del "TITALYC"

Quando nel 1946 i padri fondatori della nostra Repubblica vararono il transatlantico Titalyc, pensarono in cuor loro di aver costruito una nave solida ed inaffondabile. Durante il suo viaggio di volta in volta veniva cambiato l’equipaggio, perché le situazioni atmosferiche e le correnti intralciavano inevitabilmente il percorso, ma la rotta verso la meta comunque non subì variazioni significative sostanziali,  
Il transatlantico imbarcava viaggiatori di tutti i ceti sociali, a prua quelli di prima classe, a poppa quelli di terza e al centro quelli di seconda. Il viaggio come si raccontava continuò senza grossi scossoni evidenti fino al 2011, quando i motori del Titalyc entrarono in avaria. Così venne chiamata una squadra di tecnici per riparare i motori ed appena la nave si rimise in moto cambiò l’equipaggio; purtroppo i motori sistemati non permisero una velocità di crociera a pieno regime.
I viaggiatori scontenti della situazione pensarono allora di cambiare la cabina di comando della nave. Fu nel 2018 che due marinai di belle speranze riuscirono a formare un equipaggio improvvisato ed ignorante nel saper condurre la nave in un porto sicuro. Gigiocchio, questo era il soprannome di uno dei due nuovi nocchieri, il suo nome vero è Luigi ma per tutte le bugie che raccontava Gigi si trasformò in Gigiocchio. Il secondo Matteo Rovini, uomo del nord con la fretta in corpo, per questo il suo nome subì l’abbreviazione in Matty.
A questo punto della storia i due ex mozzi entrarono in rotta di collisione fra loro, perché tutti e due volevano il comando della nave. Dopo tante discussioni decisero di coinvolgere un terzo marinaio da inserire come finto capitano della nave, serviva una persona gestibile da parte dei due.
Così quando Matty Rovini chiese ad un certo Peppino con chi stesse, egli rispose “con te”. La stessa domanda gliela fece anche Gigiocchio e la risposta fu la stessa “con te”, “con te” divenne allora il capitano del Titalyc. Iniziarono il viaggio promettendo un cambiamento radicale di rotta, solo che l’inesperienza e l’inadeguatezza gli indirizzò verso la parte più pericolosa dell’oceano, un posto dove galleggiavano enormi iceberg così freddi e duri che venivano chiamati realtà.
Un brutto giorno come prevedibilmente si poteva immaginare il Titalyc andò a scontrarsi con una realtà così dura che lo scafo si squarciò per tutta la lunghezza imbarcando un’infinità d’acqua. Per non fare inclinare la prua dove stava la prima classe l’equipaggio obbligò i viaggiatori di seconda classe a spostarsi a poppa verso la terza così da poter permettere ai viaggiatori di prima classe di salire sulle scialuppe di salvataggio che ben presto vennero calate in acqua mettendoli tutti in salvo, mentre a poppa la nave così appesantita in breve tempo si inabissò portando con se il resto dei passeggeri.
Ma che fine fecero i tre comandanti? Con te fu visto salire su una scialuppa vestito da gondoliere dicendo a tutti di sapersela barcamenare alla bene e meglio e si mise ai remi. Gigiocchio, travestito da ballerina di can can fu visto su una scialuppa mentre intratteneva i naufraghi cantando “spingolo francese”. Matty Rovini invece travestito da poliziotta addetta alla sicurezza si imbarcò su una lancia della marina militare e si dileguò tra la nebbia, non necessariamente padana. Si dice che quando arrivò nei pressi di un porto sicuro gli si impedì lo sbarco e lui nero in volto, mentre guardava i bagnanti sulla spiaggia, l’unica cosa che riuscì a fare in segno d’amicizia fu il saluto come si usava a Roma.