19 maggio 2019

Elezioni Europee 2019

Stranieri alle porte | L'editoriale della domenica


È dall’inizio della modernità che profughi in fuga dalla bestialità delle guerre e dei dispotismi o dalla ferocia di una vita la cui unica prospettiva è la fame bussano alla porta di altri popoli: e per chi vive dietro quella porta i profughi sono sempre stati stranieri, spaventosi nella loro imprevedibilità che potrebbero distruggere ciò cui teniamo, sconvolgendo lo stile di vita che ci è confortevolmente familiare. Il primo impulso, un misto di risentimento e aggressività, segue, in versione aggiornata lo schema tracciato nell’antica fiaba di Esopo che ha per protagoniste lepri e ranocchie. In questa fiaba le lepri si sentivano a tal punto perseguitate dagli altri animali che non sapevano più cosa fare, e scappavano appena si avvicinava un altro animale. Un giorno videro una mandria di cavalli selvatici al galoppo e, prese dal panico, se la diedero a gambe fino al lago, decise a farla finita: meglio gettarsi in acqua e annegare che vivere nella paura senza fine. Ma appena le lepri si avvicinarono alla riva, un gruppo di ranocchie, allarmate dal loro arrivo, scapparono e saltarono in acqua. Al che una delle lepri commentò: <<In fondo le cose non vanno poi così male>>. Insomma, non si deve per forza scegliere la morte per sfuggire a una vita di paura. La morale della fiaba è semplicissima: la soddisfazione di questa lepre – il gradito sollievo dalla mortificazione delle persecuzioni quotidiane – nasce dalla rivelazione che c’è qualcuno che se la passa peggio di lei.
La nostra società di animali umani è piena di lepri <<perseguitate dagli altri animali>> che si trovano in una situazione simile a quella delle lepri di Esopo. Queste lepri vivono nella miseria, nell’umiliazione e nell’ignominia, in una società che, pur potendo vantare agi e opulenza senza precedenti, è fermamente decisa a emarginarle. In un mondo in cui si presume, si pretende e si esorta a pensare <<ognuno per sé>>, questi uomini-lepre (cui altri uomini negano rispetto, attenzione e riconoscimento), al pari delle lepri di Esopo rimangono <<ultimi>> e vengono lasciati lì, senza alcuna speranza. Per gli esclusi che sospettano di essere relegati tra gli ultimi, scoprire che sotto di loro c’è qualcun altro è una sorta di evento salvifico, che restituisce loro dignità umana e salva quel poco che rimane della loro autostima. L’arrivo di una massa di migranti senza dimora, cui si negano i diritti fondamentali, crea una (rara) occasione per il verificarsi di un simile evento. Tutto ciò sicuramente aiuta a spiegare come mai la recente immigrazione di massa coincida con le nuove fortune della xenofobia, del razzismo e del nazionalismo nella sua variante sciovinista, e con i successi elettorali, sorprendenti e senza precedenti, di partiti e movimenti xenofobi, razzisti e sciovinisti guidati da leader che agitano fanaticamente la bandiera dell’interesse nazionale.
Zygmunt Bauman scrive sull’onda degli eventi che si susseguono nell’estate del 2015, quando l’ostilità stringe in una morsa l’Europa. Lunghe file di profughi, bambini, donne e uomini di ogni età, che portano sul volto i segni del terrore, sul corpo le ferite della guerra o le tracce della tortura, che sono smarriti, affamati, intirizziti, stremati, cercano rifugio nella patria dei diritti umani. E l’Europa apre le proprie frontiere. Ma presto la compassione viene meno. Dimentica della sua storia, l’Europa volta le spalle e chiude gli occhi. Dal buio del Novecento riemerge il filo spinato. Gli accessi vengono interdetti, i porti e gli aeroporti messi sotto sorveglianza. È la fine dell’ospitalità. Senza nascondere sdegno e irritazione, Bauman denuncia <<gli abomini morali>>, divenuti rapidamente ovvietà. Punta l’indice contro i politici che mostrano i bicipiti, quei populisti che, con promesse allettanti e truffaldine, trascinano i cittadini frustrati verso pericolose scorciatoie. Il tema è quello della globalizzazione, già più volte affrontato da Bauman. Dinanzi a uno scenario complesso, in cui non è agevole districarsi, si preferiscono le semplificazioni grottesche. Così i nuovi prestigiatori dell’antipolitica imbastiscono fantasiosi programmi elettorali con cui spingono gli ingenui a credere che sia possibile negare la globalizzazione e i suoi effetti. Come se, con un po’ di magia, si riuscisse a fermare la storia.

p.s.
Rieccoci dopo una pausa tecnica.
In vista delle Elezioni europee abbiamo riletto “Stranieri alle porte” di Z. Bauman. 
Ve ne offriamo un assaggio.