Il 25 settembre 2019 c’è stato il
tanto atteso pronunciamento della corte costituzionale sul caso di Marco
Cappato, politico e esponente dell’associazione Luca Coscioni che aveva
accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come Dj Fabo, per
usufruire del suicidio assistito.
A scanso di equivoci è bene
precisare che la sentenza riguarda appunto il suicidio assistito e non
l’eutanasia. Nel primo caso infatti è la persona interessata ad assumere
autonomamente il farmaco letale. Nell’eutanasia invece entra in gioco il medico
che somministra il farmaco (eutanasia attiva) o interviene interrompendo le
terapie o spegnendo i macchinari che tengono in vita la persona (eutanasia
passiva).
Entrando nel merito la sentenza stabilisce
che non è punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale “chi agevola
l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi,
di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da
una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che
egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e
consapevoli.”
La svolta sta nel fatto che, in
determinate condizioni, l’assistenza al suicidio non è punibile e non è nemmeno
equiparabile all’istigazione al suicidio. Al contrario di quanto riportato nel
sopracitato articolo 580 che invece equipara le due situazioni.
In parole povere non sarà
considerato reato in Italia aiutare a morire una persona capace di decidere
consapevolmente, nella misura in cui quella persona abbia una malattia
irreversibile che causi sofferenze fisiche e psicologiche o sia tenuta in vita
da trattamenti medici di sostegno.
Tutto ciò ha innescato, com’era
prevedibile, reazioni opposte sia da parte del mondo cattolico sia di quello
politico. Verrebbe da dire il solito derby tra Stato etico e Stato Laico. Da
una parte le fazioni politiche più conservatrici che, insieme alla CEI, esprimono
sconcerto e prendono le distanze da questo comunicato. Dall’altra chi apprende
con soddisfazione questa presa di posizione come la compagna di dj Fabo Valeria
Imbrogno insieme ad alcuni esponenti del Partito democratico e del Movimento 5
stelle.
Non è normale e non è giusto che
ancora oggi l’Italia sul questi temi sia un paese tanto diviso. La corte
costituzionale ancora una volta purtroppo è arrivata prima della politica, la
quale su tematiche delicate come queste non si è presa la responsabilità di
decidere e di legiferare. Non si tratta di destra contro sinistra, di cattolici
contro atei bensì si tratta solo di avere buonsenso. Uno stato Laico come il
nostro deve farsi garante della possibilità di scelta di ognuno. Non è
pensabile che si possa imporre la visione di una religione a tutti
indistintamente, agendo di conseguenza. Ognuno deve poter aver il diritto di
scegliere se continuare a vivere o decidere di farla finita se sussistono
determinate condizioni. Sono due scelte con la stessa dignità che sono dettate
dalla formazione, dal credo e dal carattere di ogni singola persona.
Stabilire che bisogna sempre
tenere in vita i pazienti in gravi situazioni, spesso irreversibili, è una
visione da stato Etico e non da stato Laico.
Il tema della laicità dello Stato
non si ferma solo alla questione del suicidio assistito o dell’eutanasia ma tocca
anche altre questioni come la legalizzazione della prostituzione o della
cannabis.
Nella legislatura scorsa, è bene
dirlo, sul tema dei diritti sono stati fatti passi in avanti con l’approvazione
della legge sulle unioni civili e sul testamento biologico la quale stabilisce
che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito senza il
consenso libero e informato della persona interessata.
È sufficiente tutto ciò? La
risposta ovviamente è no. A tal proposito la Corte, nella sentenza sul caso
Cappato, parla di un “indispensabile intervento del legislatore”, anche perché
riguarda un singolo caso e fino ad una approvazione di una legge saranno i
giudici a dover decidere singolarmente volta per volta.