27 gennaio 2019

Il tempo di parlare | L'editoriale della domenica

Il razzismo era sempre stato uno dei contenuti ideologici fondamentali del nazismo: in Meinkampf (1923) gli ebrei sono indicati come il più pericoloso nemico del popolo tedesco. Dopo la giornata del boicottaggio del 1° aprile 1933, i provvedimenti legislativi e amministrativi, le persecuzioni via via più crudeli e generali, si moltiplicavano. Del 1935 sono le leggi di Norimberga, che negavano cittadinanza, diritti civili e lavoro agli ebrei; del 1938 altri provvedimenti come la stella gialla e il nome Sara o Israel imposti a tutti, i sequestri dei passaporti e dei patrimoni; sempre del 1938 è la notte dei cristalli, un tremendo pogrom di dimensioni nazionali.
Il 27 gennaio 1945 un reparto dell’Armata rossa liberava il campo di sterminio di Auschwitz. Ad Auschwitz si entra passando dalla Judenrampe, un binario oggi sepolto tra l’erba incolta che vide l’arrivo di oltre un milione e mezzo di esseri umani, e che segnò il punto di non ritorno per la loro quasi totalità. Dalla Judenrampe si entra a Birkenau, si passa attraverso il Lager di quarantena, il Lager femminile e attraverso la Bamnhoframpe si giunge nella fabbrica della morte: le camere a gas e i forni crematori. Lungo questo percorso si incontrerà il Kindergarten, la baracca dei bambini, le vittime predilette del dottor Mengele, l’angelo della morte in Auschwitz.
Ciò che è accaduto, per noi è inimmaginabile, però è successo. E il dramma è che la follia dell’uomo può rigenerarsi. Di fronte alla domanda se Auschwitz potrebbe ripetersi prevale una risposta negativa, ma è interessante rilevare come gli interrogativi sul passato si intreccino con i riferimenti ad un presente incerto e complesso, in cui i rapporti fra noi e gli altri non sono sempre facili. In questo panorama di confusione si delinea il pericoloso convincimento che ci siano popoli migliori di altri. Per questo alla domanda: come si può dimenticare? la risposta è: non si può, non si deve. Il presente e il possibile deve continuare a dare voce ai sommersi, poiché i salvati stanno via via scomparendo. Non esiste nulla nella storia, niente che eguagli gli orrori del nazismo. Di questi orrori il fascismo fu complice consapevole e servile, consegnando ai nazisti gli ebrei italiani e i partigiani, istituendo legislazioni (le Leggi razziali del 1938) e promuovendo grottesche teorie razziste, cedendo ai nazisti luoghi di tortura e addirittura permettendo loro di erigere in Italia un campo di sterminio: la Risiera di San Sabba a Trieste. Nella giornata di oggi noi possiamo interrogare utilmente la memoria per capire meglio noi stessi e i rischi che corriamo, per non dimenticare i crimini nazisti. Ancora oggi è una necessità politica oltre che morale.

p.s.

Il presente e il possibile, i sommersi e i salvati e altri riferimenti nel testo li dobbiamo a: Maria Bacchi, Fabio Levi, Primo Levi, Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi, Piera Sonnino, Annette Wieviorka, Helen Lewis. Niente di nostro c’è! Ci siamo limitati a pescare dalla memoria, nel Giorno della Memoria.



20 gennaio 2019

Ogni epoca ha le sue vittime, ovvero l'importanza della memoria | L'editoriale della domenica

Il 27 gennaio 1945 un reparto dell’Armata rossa liberava il campo di sterminio di Auschwitz. Il campo aveva funzionato fino alla fine di novembre del 1944.
Il ricordo e le responsabilità storiche sono ancora vivi e sono un utile ammonimento per impedire di ricadere negli abissi dell’odio razziale. Obbliga tutti noi a impegnarci per la pace, la tolleranza e lo spirito dell’Europa comune.
Pace e riconciliazione attraverso la democrazia e la cooperazione, questa è la risposta dell’Europa alle catastrofi della prima metà del XX secolo. I luoghi della memoria come Auschwitz sono importanti perché ci mostrano che quello che oggi diamo per scontato, ancora qualche decennio fa non lo era. Cioè che le conseguenze di un ideologia che disprezza l’uomo sono tremende e disastrose. E questo messaggio è tuttora di attualità. Auschwitz è ancora lì per convincere tutti noi dell’idea della convivenza pacifica e renderci partecipi della costruzione europea.
La posizione geografica dell’Italia, nel cuore del bacino del Mediterraneo, ha da sempre rappresentato una terra di collegamento tra paesi e civiltà diverse.
Proprio per questa caratteristica geografica, l’Italia è stata per gli ebrei una terra importante, la prima che videro dopo la grande diaspora del 70 d.C.. Il popolo dell’allora Palestina fu disperso in molte regioni e a migliaia sbarcarono sulle nostre coste: solo in Puglia più di 5.000 ebrei arrivarono in terra d’Otranto dando vita a comunità ebraiche che nel tempo diventarono dei centri culturali di grande importanza, tanto che tra i dotti ebrei europei si diceva che da Bari esce la legge, da Otranto la parola di Dio.
Alla fine della seconda guerra mondiale la direzione della diaspora cambiò e si intensificò il flusso dell’emigrazione verso la Palestina e questo fece dell’Italia uno dei maggiori centri di riferimento. Le comunità ebraiche del nostro paese, o meglio quello che ne rimaneva dopo la tragedia, sostennero a lungo la permanenza dei profughi nell’attesa di imbarcarsi clandestinamente. Interessante e quanto mai attuale sarebbe approfondire il senso del clandestinamente.
Essì, perché l’ancora attuale scontro di civiltà dimostra che l’odio fra le genti e le stragi degli innocenti sono eredità di un passato che non è ancora passato.
La memoria dunque come formidabile strumento per educare ai valori della convivenza civile.
Il primo dei valori si chiama civiltà ed esso significa procedere dalla legge del trionfo del più forte a quella del supporto per i più deboli, dalla soppressione del rivale al principio della solidarietà.
Il secondo valore consiste nel valorizzare la varietà umana, la ricchezza delle altre culture, delle altre lingue e delle altre Fedi. Il terzo valore, infine, riguarda il dialogo, il confronto, la trattativa, come unici strumenti che possono risolvere i contenziosi umani, proibendo, come reato, qualsiasi ricorso alla violenza.
Leucotea parlando a Circe le dice che quando incontra Ulisse non fa di lui né un maiale né un lupo, ma lo fa ricordo, e Circe risponde che l’uomo mortale non ha che questo di immortale, il ricordo che porta e il ricordo che lascia.

p.s.

Abbiamo saccheggiato gli scritti di Primo Levi, Boris Pahor, Shlomo Venezia e Elie Wiesel, pensando così di onorarli al meglio delle nostre possibilità. Il finale lo dobbiamo a Cesare Pavese.





13 gennaio 2019

Quel ponte da ricostruire nelle nostre teste | L'editoriale della domenica


Il muro di Berlino, che divideva non solo la città ma tutto il mondo in due blocchi, fu definitivamente abbattuto nel 1989.
Lo Stari Most in Bosnia ed Erzegovina, più noto come il ponte di Mostar e che attraversa il fiume Narenta per unire le due parti della città, è stato ricostruito nel 2004 dopo essere stato distrutto durante la guerra nella ex Jugoslavia.
Alla fine gli uomini abbattono i muri che avevano costruito e ricostruiscono i ponti che avevano distrutto.  
Perché la diversità sia una forza bisogna condividere i valori chiave.
Il bene è sempre più forte del male, è solo una questione di tempo.
Così pensano gli irriducibili ottimisti, proprio come quel tale che dice all’altro dimmi cosa posso fare per te. 
Dopo la globalizzazione di capitali, beni e immagini, ora è arrivato il tempo della globalizzazione dell'umanità. Ma i profughi non hanno un loro luogo nel mondo comune. Il loro unico posto diventa la stazione di Roma e Milano o i parchi di Belgrado o la spiaggia di Cannes. Ritrovarsi nel proprio quartiere queste persone, e non solo guardarli in tv, può rappresentare uno shock. E così oggi la globalizzazione irrompe materialmente nelle nostre strade, con tutti i suoi effetti collaterali. 
Questi migranti, non per scelta ma per atroce destino, ci ricordano quanto vulnerabili siano le nostre vite e il nostro benessere. Purtroppo è nell'istinto umano addossare la colpa alle vittime delle sventure del mondo. E così, ci riduciamo a scaricare la nostra rabbia su quelli che arrivano, per alleviare la nostra umiliante incapacità di resistere alla precarietà della nostra società. 
E nel frattempo alcuni politici o aspiranti tali, il cui unico pensiero sono i voti che prenderanno alle prossime elezioni, continuano a speculare su queste ansie collettive, nonostante sappiano benissimo che non potranno mai mantenere le loro promesse. 
Ma una cosa è certa: costruire muri al posto di ponti non porterà ad altro che a una terra desolata, di separazione reciproca, che aggraverà soltanto i problemi. 
L'umanità è in crisi e l'unica via di uscita da questa crisi catastrofica sarà una nuova solidarietà tra gli umani. Non ci sono alternative più facili e meno rischiose, e nemmeno soluzioni più drastiche a questo problema.
Noi siamo ottimisti irriducibili, diceva quel tale. Ed era in buona compagnia.

p.s.
Una lettrice attenta ci ricorda che nel p.s. di settimana scorsa abbiamo dimenticato di citare Zygmunt Bauman tra le fonti. Rimediamo oggi che abbiamo pescato a piene mani dalle risposte a una sua intervista del 2015. Dobbiamo qualcosa anche a Ulrich Beck. Infine è l’evangelista Marco, colui il quale si preoccupa di poter fare qualcosa per l’altro.













[Foto dal web]

12 gennaio 2019

Il mondo è di tutti

Un fiume in piena alimentato continuamente d’acque piovane, che cerca in tutti i modi di sfociare nel mare, sfondando argini ed allargando tutto quello che trova lungo il suo percorso.
La visione di questa epocale migrazione, potrebbe essere immaginata proprio così, un flusso inarrestabile che solo in parte è stato rallentato da accordi internazionali alquanto discutibili.
Solo la guerra o la fame possono stimolare la volontà nella gente di intraprendere un esodo di massa di queste proporzioni.
Disperati che sfidano i pericoli di un viaggio che non garantisce l’arrivo a destinazione.
L’Italia per il momento ha fatto la sua parte, salvando in mare migliaia di naufraghi che altrimenti avrebbero fatto una brutta fine anche se qualche volta Nettuno è riuscito comunque a reclamare le sue vittime.
Il punto dolente della questione migranti rimane essenzialmente l’accoglienza di queste persone, il controllo dei documenti e la distribuzione sul territorio sia Italiano che Europeo. Sono problemi enormi che non possono essere risolti facilmente, perché questa gente è quasi tutta sprovvista di documenti e la maggioranza degli italiani (e dei nostri partners europei) questi disgraziati sostanzialmente non li vogliono accettare.
Terroristi, stupratori, criminali, portatori di malattie o in alternativa ladri di lavoro, ecco cosa crediamo che siano queste persone. Purtroppo politici senza scrupoli hanno plagiato le nostre menti ingigantendo una situazione di relativo disagio, giocando sulle nostre eterne paure d’insicurezza.
Con questa percezione di grosso pericolo è chiaro che l’ospitalità non paga, anzi fa perdere consenso. Quando ormai il nostro cuore arido di sentimenti rimane solo un muscolo inscatolato in una corazza come quella di un carrarmato che neanche la vita o la morte del nostro prossimo può scalfire, vuol dire che siamo arrivati al culmine della intolleranza e della disumanità

Siamo diventati come animali che difendono il proprio territorio di caccia, non lasciamoci sopraffare dell’egoismo, i confini che l’uomo ha imposto alla terra sono provvisori, in continuo mutamento, il mondo è uno solo ed è di tutti.





A bordo della Sea Watch, Ackyil tiene in braccio Habiba [Fonte AGI]

09 gennaio 2019

Itaglia o Padagna purchè se magna

Salvini e Bossi a modo loro hanno realizzato un'impresa straordinaria.

Con Lega ladrona hanno cominciato incassando tangenti dalla Montedison fino a rubare 49 milioni di euro allo Stato (cioè a noi contribuenti), hanno riciclato i soldi rubati con l'acquisto di diamanti e lingotti d'oro in Tanzania, comprato false lauree in Albania, macchine costose con preferenza per la Audi A6, pagato le multe di Renzo il Trota e gli interventi chirurgici in cliniche private, hanno fatto fallire prima una Banca - CrediEuroNord - poi Radio Padania e il giornale La Padania e persino un villaggio turistico con uno spettacolare crack finanziario e relativa inchiesta per bancarotta fraudolenta.
Convinti di appartenere alla Repubblica Federale della Padania (valle del Po) con una manifestazione carnevalesca la Lega (ex) Nord aveva addirittura proclamato a Venezia l'indipendenza della Padania dall'Italia e da Roma ladrona (evidentemente tra ladri non potevano convivere!).
Da pseudo secessionisti hanno umiliato e denigrato la bandiera Italiana (Salvini: con la bandiera Italiana mi pulisco il culo) e convinti di appartenere ad una razza superiore per anni hanno insultato i terroni (Salvini: senti che puzza scappano anche i cani).
A Roma poi ci sono andati sul serio e dimenticando i proclami indipendentisti hanno iniziato a mangiare i maccheroni e rubare... "chiagne, magna e fotti" (in realtà in Lombardia avevano già iniziato a rubare, addirittura sugli appalti per le dentiere).
Con Lega ladrona al minimo storico del 4%, in attesa della sentenza sui 49 milioni di euro magicamente scomparsi e del congelamento dei conti correnti del Carroccio, Salvini ha compreso che bisognava inventarsi qualcosa e ha trasformato la Lega Nord in Nazionalista e Sovranista puntando a lucrare e speculare sulla paura per una emergenza immigrazione che i dati ufficiali smentiscono.
Intanto nelle ultime elezioni politiche il ladrun Bossi (che continua a detestare i terun) nonostante la sentenza di condanna penale è stato rieletto al Senato (con l'omertà mafiosa del segretario), tanto per continuare a fottere soldi allo Stato senza fare niente.
Salvini ha impostato la campagna elettorale con lo slogan "prima gli Italiani (questa volta terroni compresi)" scaricando tutti i problemi sui migranti (Africani negher) ed è riuscito a convincere la maggioranza (terroni compresi) che il vero problema sono i migranti, i mendicanti, i senza fissa dimora che lasciano in giro le coperte utilizzate per ripararsi dal gelo.
Così oggi i leghisti ex Nord, ex secessionisti, ex indipendentisti, indagati e pregiudicati, di razza bianca, che detestavano i terroni, che consideravano e considerano tuttora i meridionali dei fancazzisti, grazie ai terroni governano l’Italia.




06 gennaio 2019

La manutenzione dei sensi #annonuovobuonipropositi | L’editoriale della domenica

I nostri sentimenti sembrano ottenebrati dalla frenetica confusione dei tempi. La narcosi del benessere psicoeconomico oltre che del miglioramento delle proprie psicocondizioni di vita e #automobilefrigoriferolavatriceasciugatricedoveseistatoinvacanza, insomma di quella che una volta si sarebbe chiamata civiltà del consumo (i più vecchi tra noi ricorderanno l’era remota dell’edonismo reganiano) ha ipnotizzato così bene il popolo (oggi si chiama così) da convincerlo che il suo è il migliore dei mondi possibili. Riteniamo si consideri assurdo qualsiasi sommesso invito al cambiamento oltre che a timide forme di protesta. Si rischierebbe di venire presi per pazzi. Gufi li chiamava quel tale. Rosiconi altri li chiama oggi.
In questa forma di ipnosi collettiva (popolare?), difficile che qualcuno scorga l’abbassamento, l’involgarimento, la spersonalizzazione del nuovo modello di vita. Assorta com’è nell’adorazione sempre più fanatica del denaro, va dimenticando i valori che danno senso alla vita, concentrando ogni #sforzopensierodesideriosperanzaansiaazione  sul possesso di simboli di un benessere in realtà fine a se stesso. Infatti l’utilità di questo o quel bene è marginale rispetto all’idea di sentirsi come gli altri e uguale agli altri. Già ma chi sono gli altri? Quasi sempre quelli che hanno, pochi, rispetto a quelli che non hanno, molti, i quali sono animati da #ansiaemelanconiadipossesso; e il tutto è fondato su #ratescadenza. Essì, perché quelli che si sentono tanto sicuri e potenti perché hanno quell’ultimo modello di auto o quella casa con terrazza con vista su niente, come tutti gli altri, in realtà sono solo indebitati fino al collo. E appena finite di pagare le rate di #mutuoprestitofacile è ora di cambiare auto e tutto quanto il resto. Obsolescenza programmata la chiama quel tale.
E qual è il prezzo da pagare? Alle sei di mattina sveglia. In auto o treno o autobus fino al lavoro. Ritorno alla sera alle sette intontito da una giornata il più delle volte passata a fare un lavoro qualunque (se si è fortunati), per riprendere forza beve un poco, mangia e guarda la televisione. Finché va a letto estenuato, annoiato, immeschinito, smidollato, rintronato dalla martellante propaganda televisiva verso nuovi sogni rateali, nuove schiavitù, nuove miserie camuffate, ma convinto che il suo sia il migliore dei mondi possibili.
Qualcuno si sforza di dirci che tutte queste cose ci dividono dal vero processo della vita. Che sbagliamo a basare la nostra vita su queste cose inutili perché attraverso esse ci crediamo felici,  giusto perché siamo parte del branco. Ci parla di un mondo diverso e sembra rivolgersi a quanti ancora hanno voglia di capire e di riflettere sulla propria condizione. E di riconoscere gli errori che ci hanno portato a vivere una stagione di benessere alla quale non tutti hanno partecipato. E gli esclusi oggi bussano alla porta. Vogliono entrare. E l’odio non è la migliore delle risposte. Quel tale non si stanca di ricordarci #cenesonoaltripossibili di mondi migliori.

Buon Anno

p.s.

Il tale che verso la fine viene spesso evocato è papa Francesco. Tutto quanto il resto viene ispirato dalle letture di Calvino. 
Tutti due: Giovanni il riformatore religioso del cinquecento e Italo lo scrittore del novecento. Su tutto aleggia lo zampino della Scuola di Francoforte.


[Foto dal web]

01 gennaio 2019

Sergio Mattarella - Presidente della Repubblica Italiana - Il discorso di fine anno

Care concittadine e cari concittadini,

siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana.
Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento - nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi - non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo.
Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull'anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell'anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani.
Quel che ho ascoltato esprime, soprattutto, l'esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l'affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino.
Proprio su questo vorrei riflettere brevemente, insieme, nel momento in cui entriamo in un nuovo anno.
Sentirsi "comunità" significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri.
Significa "pensarsi" dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese.
Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l'astio, l'insulto, l'intolleranza, che creano ostilità e timore.
So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un'altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza.
Certo, la sicurezza è condizione di un'esistenza serena.
Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune.
La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità.
Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l'impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi.
La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza.
Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l'un l'altro.
Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo immaginario, da loro definito Felicizia, per indicare l'amicizia come strada per la felicità.
Un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell'infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti.
In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società.
Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà.
Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni.
Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità.
I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato.
È l'"Italia che ricuce" e che dà fiducia.
Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà.
Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto.
Anche per questo vanno evitate "tasse sulla bontà".
È l'immagine dell'Italia positiva, che deve prevalere.
Il modello di vita dell'Italia non può essere - e non sarà mai - quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi.
Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo.
Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare.
Lo sport è un'altra cosa.
Esortare a una convivenza più serena non significa chiudere gli occhi davanti alle difficoltà che il nostro Paese ha di fronte.
Sappiamo di avere risorse importanti; e vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l'anno che verrà. Per essere all'altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni.
Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L'alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio.
Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche.
Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno.
Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell'ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto.
Abbiamo ad esempio da poco ricordato i quarant'anni del Servizio sanitario nazionale.
E' stato - ed è - un grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Che ha consentito di aumentare le aspettative di vita degli italiani, ai più alti livelli mondiali. Non mancano difetti e disparità da colmare. Ma si tratta di un patrimonio da preservare e da potenziare.
L'universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell'assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare.
Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l'esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore.
Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità.
La grande compressione dell'esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un'attenta verifica dei contenuti del provvedimento.
Mi auguro - vivamente - che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto.
La dimensione europea è quella in cui l'Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole.
Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei.
Come molti giovani si impegnava per un'Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell'Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all'odio, della pace.
Quest'anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell'Unione i popoli europei, a quarant'anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne.
Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l'occasione di un serio confronto sul futuro dell'Europa.
Sono rimasto colpito da un episodio di cronaca recente, riferito dai media. Una signora di novant'anni, sentendosi sola nella notte di Natale, ha telefonato ai Carabinieri. Ho bisogno soltanto di compagnia, ha detto ai militari. E loro sono andati a trovarla a casa portandole un po' di serenità. Alla signora Anna, e alle tante persone che si sentono in solitudine voglio rivolgere un saluto affettuoso.
Vorrei sottolineare quanto sia significativo che si sia rivolta ai Carabinieri. La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell'ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini.
Insieme a loro rivolgo un augurio alle donne e agli uomini delle Forze armate, impegnate per garantire la nostra sicurezza e la pace in patria e all'estero. Svolgono un impegno che rende onore all'Italia.
La loro funzione non può essere snaturata, destinandoli a compiti non compatibili con la loro elevata specializzazione.
In questa sera di festa desidero esprimere la mia vicinanza a quanti hanno sofferto e tuttora soffrono - malgrado il tempo trascorso - le conseguenze dolorose dei terremoti dell'Italia centrale, alle famiglie sfollate di Genova e della zona dell'Etna. Nell'augurare loro un anno sereno, ribadisco che la Repubblica assume la ricostruzione come un impegno inderogabile di solidarietà.
Auguri a tutti gli italiani, in patria o all'estero.
Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese.
Rivolgo un augurio, caloroso, a Papa Francesco; e lo ringrazio, ancora una volta, per il suo magistero volto costantemente a promuovere la pace, la coesione sociale, il dialogo, l'impegno per il bene comune.
Vorrei concludere da dove ho iniziato: dal nostro riconoscerci comunità.
Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita.
Ne cito uno fra i tanti ricordando e salutando i ragazzi e gli adulti del Centro di cura per l'autismo, di Verona, che ho di recente visitato.
Mi hanno regalato quadri e disegni da loro realizzati. Sono tutti molto belli: esprimono creatività e capacità di comunicare e partecipare. Ne ho voluto collocare uno questa sera accanto a me. Li r

A tutti voi auguri di buon anno.


[Testo integrale del discorso di fine anno del Presidente Mattarella - 31 dicembre 2018]