06 gennaio 2019

La manutenzione dei sensi #annonuovobuonipropositi | L’editoriale della domenica

I nostri sentimenti sembrano ottenebrati dalla frenetica confusione dei tempi. La narcosi del benessere psicoeconomico oltre che del miglioramento delle proprie psicocondizioni di vita e #automobilefrigoriferolavatriceasciugatricedoveseistatoinvacanza, insomma di quella che una volta si sarebbe chiamata civiltà del consumo (i più vecchi tra noi ricorderanno l’era remota dell’edonismo reganiano) ha ipnotizzato così bene il popolo (oggi si chiama così) da convincerlo che il suo è il migliore dei mondi possibili. Riteniamo si consideri assurdo qualsiasi sommesso invito al cambiamento oltre che a timide forme di protesta. Si rischierebbe di venire presi per pazzi. Gufi li chiamava quel tale. Rosiconi altri li chiama oggi.
In questa forma di ipnosi collettiva (popolare?), difficile che qualcuno scorga l’abbassamento, l’involgarimento, la spersonalizzazione del nuovo modello di vita. Assorta com’è nell’adorazione sempre più fanatica del denaro, va dimenticando i valori che danno senso alla vita, concentrando ogni #sforzopensierodesideriosperanzaansiaazione  sul possesso di simboli di un benessere in realtà fine a se stesso. Infatti l’utilità di questo o quel bene è marginale rispetto all’idea di sentirsi come gli altri e uguale agli altri. Già ma chi sono gli altri? Quasi sempre quelli che hanno, pochi, rispetto a quelli che non hanno, molti, i quali sono animati da #ansiaemelanconiadipossesso; e il tutto è fondato su #ratescadenza. Essì, perché quelli che si sentono tanto sicuri e potenti perché hanno quell’ultimo modello di auto o quella casa con terrazza con vista su niente, come tutti gli altri, in realtà sono solo indebitati fino al collo. E appena finite di pagare le rate di #mutuoprestitofacile è ora di cambiare auto e tutto quanto il resto. Obsolescenza programmata la chiama quel tale.
E qual è il prezzo da pagare? Alle sei di mattina sveglia. In auto o treno o autobus fino al lavoro. Ritorno alla sera alle sette intontito da una giornata il più delle volte passata a fare un lavoro qualunque (se si è fortunati), per riprendere forza beve un poco, mangia e guarda la televisione. Finché va a letto estenuato, annoiato, immeschinito, smidollato, rintronato dalla martellante propaganda televisiva verso nuovi sogni rateali, nuove schiavitù, nuove miserie camuffate, ma convinto che il suo sia il migliore dei mondi possibili.
Qualcuno si sforza di dirci che tutte queste cose ci dividono dal vero processo della vita. Che sbagliamo a basare la nostra vita su queste cose inutili perché attraverso esse ci crediamo felici,  giusto perché siamo parte del branco. Ci parla di un mondo diverso e sembra rivolgersi a quanti ancora hanno voglia di capire e di riflettere sulla propria condizione. E di riconoscere gli errori che ci hanno portato a vivere una stagione di benessere alla quale non tutti hanno partecipato. E gli esclusi oggi bussano alla porta. Vogliono entrare. E l’odio non è la migliore delle risposte. Quel tale non si stanca di ricordarci #cenesonoaltripossibili di mondi migliori.

Buon Anno

p.s.

Il tale che verso la fine viene spesso evocato è papa Francesco. Tutto quanto il resto viene ispirato dalle letture di Calvino. 
Tutti due: Giovanni il riformatore religioso del cinquecento e Italo lo scrittore del novecento. Su tutto aleggia lo zampino della Scuola di Francoforte.


[Foto dal web]