20 gennaio 2019

Ogni epoca ha le sue vittime, ovvero l'importanza della memoria | L'editoriale della domenica

Il 27 gennaio 1945 un reparto dell’Armata rossa liberava il campo di sterminio di Auschwitz. Il campo aveva funzionato fino alla fine di novembre del 1944.
Il ricordo e le responsabilità storiche sono ancora vivi e sono un utile ammonimento per impedire di ricadere negli abissi dell’odio razziale. Obbliga tutti noi a impegnarci per la pace, la tolleranza e lo spirito dell’Europa comune.
Pace e riconciliazione attraverso la democrazia e la cooperazione, questa è la risposta dell’Europa alle catastrofi della prima metà del XX secolo. I luoghi della memoria come Auschwitz sono importanti perché ci mostrano che quello che oggi diamo per scontato, ancora qualche decennio fa non lo era. Cioè che le conseguenze di un ideologia che disprezza l’uomo sono tremende e disastrose. E questo messaggio è tuttora di attualità. Auschwitz è ancora lì per convincere tutti noi dell’idea della convivenza pacifica e renderci partecipi della costruzione europea.
La posizione geografica dell’Italia, nel cuore del bacino del Mediterraneo, ha da sempre rappresentato una terra di collegamento tra paesi e civiltà diverse.
Proprio per questa caratteristica geografica, l’Italia è stata per gli ebrei una terra importante, la prima che videro dopo la grande diaspora del 70 d.C.. Il popolo dell’allora Palestina fu disperso in molte regioni e a migliaia sbarcarono sulle nostre coste: solo in Puglia più di 5.000 ebrei arrivarono in terra d’Otranto dando vita a comunità ebraiche che nel tempo diventarono dei centri culturali di grande importanza, tanto che tra i dotti ebrei europei si diceva che da Bari esce la legge, da Otranto la parola di Dio.
Alla fine della seconda guerra mondiale la direzione della diaspora cambiò e si intensificò il flusso dell’emigrazione verso la Palestina e questo fece dell’Italia uno dei maggiori centri di riferimento. Le comunità ebraiche del nostro paese, o meglio quello che ne rimaneva dopo la tragedia, sostennero a lungo la permanenza dei profughi nell’attesa di imbarcarsi clandestinamente. Interessante e quanto mai attuale sarebbe approfondire il senso del clandestinamente.
Essì, perché l’ancora attuale scontro di civiltà dimostra che l’odio fra le genti e le stragi degli innocenti sono eredità di un passato che non è ancora passato.
La memoria dunque come formidabile strumento per educare ai valori della convivenza civile.
Il primo dei valori si chiama civiltà ed esso significa procedere dalla legge del trionfo del più forte a quella del supporto per i più deboli, dalla soppressione del rivale al principio della solidarietà.
Il secondo valore consiste nel valorizzare la varietà umana, la ricchezza delle altre culture, delle altre lingue e delle altre Fedi. Il terzo valore, infine, riguarda il dialogo, il confronto, la trattativa, come unici strumenti che possono risolvere i contenziosi umani, proibendo, come reato, qualsiasi ricorso alla violenza.
Leucotea parlando a Circe le dice che quando incontra Ulisse non fa di lui né un maiale né un lupo, ma lo fa ricordo, e Circe risponde che l’uomo mortale non ha che questo di immortale, il ricordo che porta e il ricordo che lascia.

p.s.

Abbiamo saccheggiato gli scritti di Primo Levi, Boris Pahor, Shlomo Venezia e Elie Wiesel, pensando così di onorarli al meglio delle nostre possibilità. Il finale lo dobbiamo a Cesare Pavese.