10 marzo 2019

Se questo è un uomo: considerazioni sull’8 marzo due giorni dopo | L'editoriale della domenica


C'era una volta una volpe che un giorno si ritrovò in un vigneto. Dai tralci di vite penzolavano dei grossi grappoli d'uva: gli acini avevano un aspetto delizioso. Così, la volpe, si sollevò sulle zampe posteriori per afferrare qualche grappolo, prese la rincorsa e cercò di raggiungere l'uva saltando più volte senza però riuscirvi. Poiché tutt'intorno a lei si stava radunando una folla di animali curiosi, la volpe, per non fare brutta figura, se ne andò col petto gonfio, esclamando ad alta voce: "Quest'uva è ancora acerba". Spesso, le persone che sminuiscono qualcosa, semplicemente non sono in grado di averlo. L'uomo tende a convincersi delle sue scelte, e aggiusta la propria percezione in base alle convinzioni maturate. È questa la dissonanza cognitiva, un meccanismo mentale umano che consiste nella razionalizzazione dell’irrazionale che viene magistralmente descritta dalla favola di Esopo. Un esperimento famoso fatto a New Haven  nel 2007 dimostrò che anche le scimmie si affezionano alle loro idee e che è istintivo ostinarsi sulle proprie posizioni anche quando si sa che sono assurde. 

Ora noi non vogliamo paragonare il nostro Ministro sig. Matteo Salvini o il nostro Sindaco sig. Massimo Cozzi alle scimmie perché siamo degli animalisti convinti. Entrambi hanno pubblicato   sui loro siti foto di “ragazze di sinistra”, esponendole alla gogna di Facebook. Confessiamo qui  il dubbio che i nostri due campioni del rigore morale ragazze come quelle delle foto da giovani le abbiano molto desiderate, ma mai frequentate: il primo era uno sfigato come ancora oggi quel tale lo definisce, e il secondo non ha goduto della benevolenza della natura.
A quasi centocinquant’anni dai primi movimenti femministi le donne ancora si ritrovano in piazza per denunciare a se stesse e agli uomini la fine di una grossa illusione, o di una grave mistificazione, quella della emancipazione femminile. Anche se oggi è più difficile mettere a nudo i termini attuali della loro oppressione, spesso ancora legata e complicata da residui arcaici e modelli di disuguaglianza chiusi all’interno della famiglia. Dalle uccisioni di donne raccontate ancora ieri l’altro dal Corriere, da parte di uomini (sic) che le “amavano”, scopriamo dunque che la famiglia è il luogo delegato dell’oppressione della donna, della perpetuazione del dominio economico e sessuale maschile. La coppia, i figli, quel nucleo che ai romantici pareva la condizione della felicità, i due cuori e una capanna, e che invece è l’oppressione ridotta all’essenziale. In questa famiglia, ancora oggi la donna è obbligata a guadagnarsi la sopravvivenza con l’approvazione dell’uomo. Può farlo con l’astuzia o con lo scambio della sua sessualità, in questo modo vedendosi negate le fonti di dignità e di rispetto di se stessa che non siano le più triviali.
Probabilmente, non già “Domani le donne”, come sperava la Sullerot!

p.s.
Oltre che con Esopo, abbiamo un debito con Leon Festinger e gli psicologi dell’Università di Yale che hanno esteso gli studi degli effetti della sua teoria alle scimmie. Il dubbio ci viene da Freud. Tutto dobbiamo a Kate Millet, Eva Figes, Robin Norwood, Renata Pisu, Dacia Maraini, Elena Ferrante, e alla a noi carissima Armanda Guiducci. E a P.