24 febbraio 2019

Allons enfants | L'editoriale della domenica


Ancora sugli imbecilli. Che questa settimana si sono dati un gran da fare. Imbecilli vicini e lontani, che ci capita di incontrare qui da noi o di cui leggiamo le gesta sui giornali. Quasi a voler giustificare il nostro interesse, alimentandolo. E allora rieccoci, pronti per una nuova puntata.
Gli imbecilli sono, inossidabili, inespugnabili, murati una volta per tutte nella cittadella della loro fede. Argomenti o sarcasmo, niente li smuove. Ma non è a loro, pecore belanti e cupi fanatici, che questa volta noi ci rivolgiamo, ma a voi, cari miscredenti, cosi denigrati, così disprezzati in questo merdoso inizio secolo dove il grugno dell’imbecillità trionfante invade tutto e la bandiera universale dell’idiozia, quale che sia il suo colore, rinasce in forze in tutto il mondo.  A voi che vivete immersi nell’oceano delle fesserie montanti, per farvi sapere che non siete soli, che non siamo soli. Non siamo molti, è vero, o almeno non siamo abbastanza, e siamo dispersi, ma consapevoli e decisi, non a ululare coi lupi né a belare con le pecore. A Voi che credete che cambiare è ancora possibile, che è nelle corde delle vostre ragioni, e non altrove, cari miscredenti, non siate così discreti, così timidi, così rassegnati. Non state là, braccia penzoloni, storditi a contemplare la schifosa resurrezione di mostri che credevamo avere per sempre gettato nelle fogne. Essì, sono tornati. Alcuni travestiti da manichini della UPIM. Altri con felpe intercambiabili. Altri ancora in orbace, sì, l’orbace classico fascista, ultimo miracolo del revisionismo, tornati fieri ad affermare la legge dei loro padri. La loro trionfale arroganza e il loro sporco conformismo avrebbero bisogno di un buon colpo con qualcosa di duro sui loro musi. Un libro basterebbe. Voi a cosa avevate pensato?
Incontriamoci dunque. Riconosciamoci tra noi. Utilizziamo tutte le occasioni per condannare le bestialità che gli imbecilli vanno diffondendo a piene mani. Senza grandi sforzi ci trovate. Siamo facilmente riconoscibili. Non indossiamo felpe strane o giubbotti della polizia. Non giriamo azzimati e inamidati né con barbe e giacche da guerriglieri sudamericani. Portiamo in giro con fierezza la nostra sobrietà.
Ma soprattutto indigniamoci. Cerchiamo tutti un motivo per indignarci. È fondamentale. Il motore della Resistenza fu l’indignazione. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti. Smettiamo di dire Io che ci posso fare, mi arrangio. Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue.
E allora tutti in piedi a cantare:  Allons enfants  de la Patrie // Le jour de gloire est arrivé!
Siamo felicemente vicini alla Francia, che è ancora la patria di Voltaire e Diderot. E vorremmo poterla raggiungere sempre più velocemente, la Francia.

p. s.
I nostri debiti oggi li dobbiamo a molti. Cominciamo da Rouget de Lisle, l’autore della Marsigliese. Stephane Hessel, del quale accogliamo l’invito a indignarci. Pierre Bourdieu, al quale siamo grati per i consigli su come riconoscere i contesti all’interno dei quali si costruiscono verità e fandonie. Essì, tutti francesi!