Oggi l’Italia celebra la giornata del ricordo
dell’esodo degli italiani di Istria, Quarnaro, Dalmazia. Una tragedia che
prima, tra il settembre del ’43 e il maggio del ’45, conobbe l’orrore delle
foibe.
Celebriamo il ricordo del costo della libertà pagato
da queste terre di confine nel clima di particolare repressione e di violenza
cominciato sotto il fascismo, nel quadro dell’occupazione militare italiana
della Slovenia e della Croazia e dell’occupazione tedesca dell’Adriatisches
Kuestenland.
Questa terra fu poi travolta dalla tragedia che portò
alle foibe del 1943 e del 1945 e all’esodo lacerante dall’Istria della
popolazione italiana là residente da secoli. Foibe dove vennero gettati
migliaia di italiani, fascisti, antifascisti e molti senza appartenenze
politiche, colpevoli solo di essere italiani e di opporsi all’annessione di
Tito. E poi in un lungo dopoguerra, dal ’45 al ’54, una pulizia etnica che
puntava a sradicare l’italianità di quelle terre, costringendo centinaia di
migliaia di famiglie ad abbandonare le case loro e dei loro padri.
Il giusto e doveroso ricordo di quella tragedia non
esaurisce il nostro compito di oggi. Proprio le pulizie etniche che ancora
qualche anno fa hanno insanguinato i Balcani e i suoi popoli, ci dicono che le
ragioni della tolleranza, della convivenza, del riconoscimento delle identità
di ogni persona e comunità, non sono mai valori acquisiti definitivamente. E la
soluzione a questo nodo cruciale ancora una volta sta nell’Europa e nella sua
integrazione.
La tragedia degli esuli istriani e dalmati, così come
le sofferenze conosciute via via dai
popoli dei Balcani, sono l’espressione di un nazionalismo che ha inquinato
ideologie, nazioni e popoli con la sciagurata teoria della omogeneità etnica
degli Stati. Una teoria che non solo nega quel pluralismo culturale, etnico e
religioso essenziale perché la democrazia viva, ma che porta gli individui a
pensare che per vedere soddisfatte le proprie aspirazioni occorre negare,
reprimere e distruggere tutto ciò che è diverso da sé.
L’integrazione europea è il contesto più favorevole
per sanare le ferite della storia ancora aperte, e consentire a ogni comunità,
come quelle italiane che vivono oggi in Slovenia e Croazia e quella slovena che
vive in Italia, di affermare la propria identità senza paura.
Un Europa plurale, capace di riconoscere l’identità di
ognuno e di farla vivere non contro, ma insieme alle identità altrui.
p.s.
« Foutez-nous la paix, chiens ». Questo
immaginiamo possano pensare le migliaia di italiani morti e gettati nelle
foibe, vedendo l’uso strumentale che di quella tragedia se ne fa oggi. E ci
piace pensare lo facciano in francese!