06 settembre 2021

Il “Giorno della Memoria”


Il 27 gennaio 1945, quando i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz si aprirono alla libertà, mancavano ancora un centinaio di giorni all’ingloriosa fine di Hitler nel bunker di Berlino. Cento giorni in cui fu possibile al capo della banda degli assassini nazisti ordinare altre atrocità.

Quante lacrime, quanto sangue, quante sofferenze, sei milioni di deportati sterminati soltanto perché ebrei. Shoah è una parola ebraica, che significa catastrofe, disastro, distruzione. Oggi viene usata per indicare lo sterminio sistematico.

“La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. “Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Somogyl (….)”. La liberazione di Auschwitz colse Primo Levi, ”marchiato” con il numero di matricola 174517, con la morte addosso e non in senso metaforico, lo racconta lui stesso ne La Tregua. “Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti (…..) Charles ed io sostammo presso la buca ricolma di membra livide, mentre altri abbattevano il reticolato; poi rientrammo con la barella vuota, a portare la notizia ai compagni”.

Per ricordare a chi vorrebbe riscriverla che la storia è quella di Primo Levi, dell’Olocausto e dei tanti milioni di vittime e dei tanti antifascisti che si opposero all’orrore per la loro e la nostra libertà.

Dalla scuola ci si attende che le nuove generazioni siano preparate a gestire al meglio i loro diritti e doveri come cittadini di questa Repubblica nata dalla Resistenza. C’è la urgente necessità di dotare le nuove generazioni degli strumenti che soli consentono di dare al proprio impegno civile un peso adeguato.

L’eredità delle vittime ci obbliga a impegnarci per la pace, la tolleranza e lo spirito dell’Europa comune. Pace e riconciliazione attraverso la democrazia e la cooperazione, questa è la risposta dell’Europa alle catastrofi della prima metà del XX secolo. I luoghi della memoria come Auschwitz sono importanti per questo sviluppo, perché ci mostrano che quello che oggi diamo per scontato ancora qualche decennio fa non lo era. Che le conseguenze di un ideologia che disprezza l’uomo e della dittatura sono tremende e disastrose.

La memoria dunque come  possente strumento per capire e per rispondere alle sollecitazioni del presente: una memoria viva.

Civiltà significa procedere dalla legge del trionfo del più forte a quella del supporto per i più deboli, dalla soppressione del rivale al principio della solidarietà. Dunque valorizzare la varietà umana, la ricchezza delle “altre” culture, delle altre lingue, delle altre Fedi. Significa la libera circolazione delle idee, senza opporvi ostacoli, neppure economici.